AGI – Al processo per l’omicidio di Saman, che vede imputati i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, lo zio Danish Hasnain e i cugini Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq, è il giorno della requisitoria. Tutti i fari sono puntati sul procuratore capo di Reggio Emilia Calogero Gaetano Paci che davanti alla corte d’assise ha esordito parlando del “più atroce, malvagio e aberrante dei delitti che si possa concepire, quello commesso dai genitori in danno della figlia e con la collaborazione dello zio e dei cugini”.
La sentenza “deve avere un senso profondamente restitutorio all’oltraggio alla vita fatto con questo barbaro e brutale omicidio”. Paci ha sottolineato che da “nessuno degli imputati è arrivato un cedimento, un sentimento di umana pietà verso l’orrore e lo strazio compiuto nei confronti di questa ragazza”.”A cominciare dal padre – queste le parole del magistrato – nessuno ha voluto degnare un’espressione di pietà e se qualcosa è accaduto è stato solo in senso strumentale e capzioso”.
Il rappresentante della pubblica accusa ha poi evidenziato che “non c’è una prova regina ma una molteplicità di elementi di prova”. E prima di entrare nel merito della questione, Paci ha parlato di “rilevanza storica” della vicenda e di “accertamenti caratterizzati da una notevole complessità”, soprattutto per il suo profilo internazionale e dei rapporti con autorità investigative e diplomatiche straniere, sottolineando che “il titolare del ministero della Giustizia ha seguito lo svolgersi degli ultimi eventi”, tra i quali l’estradizione di Shabbar Abbas.
Tra i punti cruciali della prima parte dell’intervento del procuratore di Reggio Emilia c’è questo passaggio: “L’attribuibilità della pala con cui è stata scavata la fossa dove è stata trovata Saman già mette la firma all’omicidio. Questo è un dato che oggettivamente si deve imporre”.
“Se lo scavo indiscutibilmente è stato fatto anche con quella pala e se quella pala è stata trovata nell’abitazione dei tre imputati (lo zio e i cugini, ndr) non c’è dubbio – ha osservato il magistrato – che siano stati loro a utilizzare quella pala”. Una certezza che è data dalla perizia effettuata dall'”autorevole” perito Dominc Salsarola.
La ragazza pakistana va considerata alle stregua delle donne vittime della mafia alla cui logiche avevano osato ribellarsi. “Quella di Saman è una figura universale – ha detto ancora Paci – per certi versi assimilabile a quella di tante persone che hanno osato sfidare la cappa opprimente all’interno di circuiti familiari viziati da sistemi pseudovaloriali. Penso a Rosalia Pipitone, uccisa a Palermo dal padre che organizzò una finta rapina da parte di due uomini di Cosa Nostra e a Francesca Bellocco che viene uccisa dal figlio perchè ha una relazione extraconiugale”.
Saman “aveva un enorme anelito di vita e una forza sovversiva che esercitava inconsapevolmente: voleva solo vivere la sua vita, camminare mano nella mano per le strade di Bologna, scambiarsi un bacio. Lei in fondo – ha sottolineato il capo della procura emiliana – esprime la contraddizione eterna dell’individuo tra libertà e desiderio di vita e repressione, autoritarismo e soffocamento di ogni desiderio di autonomia”.