Siamo tutti un po’ egoisti. Due modi per far fruttare questo impulso

AGI – I generosi e compassionevoli, si sa, sono persone più felici, più sane, più popolari e di maggior successo. Ma c’è un limite, che i buddisti tibetani definiscono “compassione idiota“. Gli egoisti, invece, hanno una pessima reputazione e non piacciono a nessuno le persone che approfittano della situazione. Ma c’è un confine sottile tra i due estremi che può definirsi “egoismo saggio“.

Lo descrive, sul Wall Street Journal, Dan Harris, di ritorno da un viaggio a Dharamsala, dove ha incontrato il Dalai Lama. Tutti noi abbiamo una propensione innata – spiega Harris descrivendo il colloquio avuto con il Dalai Lama – all’interesse personale. È naturale e non c’è nulla di cui vergognarsi. Ma un interesse personale veramente illuminato significa anche riconoscere che agire in modo generoso e altruistico rende più felici di quanto non lo faccia il solo interesse personale.

Il concetto di egoismo saggio dimostra che la linea di demarcazione tra interesse personale e interesse altrui è porosa. Adam Grant, psicologo delle organizzazioni presso la Wharton School dell’Università della Pennsylvania, ha un termine appropriato per definire la fusione tra altruismo ed egoismo: “altro”.

“Pensare in modo più compassionevole è il modo migliore per soddisfare i propri interessi”, secondo il capo religioso, che spiega come la sua pratica consista nel pensare di beneficiare il più possibile agli altri. Ma l’altruismo non significa dimenticare completamente i propri interessi.

Il sano egoismo

Il saggio egoismo non significa che non possa perseguire le mie ambizioni personali. Circa 2.600 anni fa, il Buddha stesso parlò a lungo di ciò che costituisce un “giusto sostentamento”, che non danneggia gli altri esseri, e questo approccio non precludeva il successo materiale; alcuni dei seguaci più fedeli del Buddha erano ricchi commercianti.

La cosa importante da ricordare per le persone saggiamente ambiziose è che gli stati orientati all’altro, come l’altruismo e la compassione – che si possono considerare semplicemente come la nostra capacità innata di prendersi cura – ci tirano fuori dagli estenuanti loop di coinvolgimento personale in cui siamo spesso spinti dalla società moderna, con la sua enfasi sull’individualismo, il consumismo e la frenetica aggregazione di like per i selfie.

La moderna ricerca psicologica sostiene l’intuizione del Dalai Lama. Nel suo libro “Give and Take”, Grant scrive che, in un contesto professionale, le persone che sono generose con il loro tempo, ma che tengono anche a mente i propri interessi, sono spesso le persone di maggior successo in un’organizzazione. In parte perché la generosità vi rende più benvoluti dai vostri colleghi, in parte perché vi rende più felici e più energici. È una spirale virtuosa: Essere gentili con gli altri vi rende più felici, il che vi rende più gentili, il che vi rende ancora più felici.

Quindi, se volete migliorare l’egoismo, lavorate per coltivare una mentalità compassionevole. La ricerca suggerisce che capacità come la compassione e l’altruismo non sono impostazioni di fabbrica inalterabili, ma abilità da sviluppare. Ecco quattro strategie per accedere a questa spirale ascendente.

La “meditazione di amorevolezza”

Sedetevi in silenzio, chiudete gli occhi e richiamate alla mente una serie di persone. Iniziate con una persona facile da amare, come un animale domestico o un bambino. Non appena avete un’immagine mentale di quella persona, inviatele silenziosamente quattro pensieri gentili: che tu sia felice; che tu sia al sicuro; che tu sia in salute; che tu possa vivere con serenità. Poi passate a voi stessi, a un mentore, a una persona neutrale, a una persona difficile e poi a tutti gli esseri ovunque.

La ricerca su questa pratica sta ancora emergendo, ma alcuni studi hanno dimostrato che la meditazione di amorevolezza può aumentare i sentimenti di connessione sociale e diminuire la depressione. Questo è il classico egoismo saggio: Si coltiva la capacità di prendersi cura di sé e, nel contempo, si diventa più sani e più felici. Vi suggerisco di iniziare con poco, da uno a cinque minuti per qualche giorno alla settimana, e di proseguire poi.

Parlare con gli altri

Concentratevi sull’aumento del numero di interazioni positive che avete durante la giornata, anche con gli sconosciuti nei caffè e negli ascensori. Gli studi hanno dimostrato che questi “micromomenti” sono un potente motore di felicità. Questa pratica è un potente correttivo alla mancanza di connessione sociale che molti di noi sperimentano.

Anche prima della pandemia di coronavirus, la solitudine era in aumento. Dalla ricerca psicologica sappiamo che la forza delle nostre relazioni è forse la variabile più importante quando si tratta di prosperità umana.