Sinner, Alcaraz e l’inesorabile tramonto del rovescio a una mano

AGI – La più importante rivalità tennistica degli ultimi venti anni, quella tra Roger Federer e Rafael Nadal, è stata – tra le tante cose – anche la magnifica contesa tra un rovescio a una mano (alcuni sostengono il più bello di sempre) e uno bimane. Lo stile e la creatività consentita dal colpo portato con un solo braccio (quello destro di Re Roger), contro la forza e la precisione garantita dall’esecuzione a due mani dello spagnolo. Un confronto filosofico, prima ancora che tecnico, che ha caratterizzato anche le grandi sfide del passato, Sampras-Agassi e Borg-McEnroe, su tutte. Una competizione tra due scuole di tecnica e di pensiero che sta inesorabilmente tramontando. Tra i primi dieci giocatori del mondo della classifica Atp che sarà pubblicata domani, lunedì 19 febbraio 2024, per la prima volta nella storia del tennis non comparirà nemmeno un giocatore col rovescio ‘monomano’. Il greco Stefano Tsitsipas uscirà dalla top ten dopo 5 anni di onorato servizio, mentre il bulgaro Gregor Dimitrov – altro splendido interprete del colpo che rese grandi Rosewall e Pietrangeli, Laver e Nastase – non rientrerà nella short list dei 10 più forti, avendo perso in semifinale a Rotterdam contro Alex De Minaur (bimane, manco a dirlo).

 

È la fine – si spera temporanea – di un’era e di un colpo che è stato la regola per i primi 150 anni di questo sport. Fu a metà degli anni ’70 del secolo scorso che un ragazzino svedese di nome Bjorn Borg svelò al mondo le reali potenzialità del rovescio a due mani. Fino a quel momento il colpo bimane era stata un’eccezione, rara e mal sopportata da maestri e cultori di ‘gesti bianchi’, comunque non praticata dai più forti giocatori del circuito. Poi piano piano ha preso piede e gli emuli di Borg sono saliti al potere, prima sui campi in terra rossa e negli ultimi due decenni anche su quelli in erba e in cemento. Wilander, Courier, Ferrero, Hewitt, Murray, Djokovic, hanno conquistato la vetta uno dopo l’altro mettendo nell’angolo i numeri uno dal rovescio a una mano. Becker, Edberg e Sampras gli ultimi grandi interpreti del colpo ‘monomano’ a diventare primi della classe, fino all’avvento del campione svizzero.

 

 

Ma da domani cambia tutto. Non sappiamo ancora se la nuova coppia che si contenderà Slam e Master 1000 sarà davvero quella composta da Sinner e Alcaraz, o ancora Medvedev-Djokovic, o se Rublev e Rune cresceranno ancora di livello. Sappiamo però che applaudire un rovescio a una mano sul centrale del Foro Italico o del Roland Garros sarà molto difficile perché i nuovi big sono tutti piccoli Borg, o nipotini di Nadal, se preferite. Oggi i supersiti della vecchia scuola si chiamano Tsitsipas e Musetti, Shapovalov e Evans, resistono e danno ancora spettacolo le sbracciate di Wawrinka e Thiem. Ma per quanto ancora? Nelle scuole tennis il rovescio a due mani è diventato un fondamentale, insieme a dritto e servizio, quello a una mano quasi non si insegna più: troppo difficile da imparare in tutte le sue versioni e complicatissimo da rendere efficace quando il livello sale. Servono classe e talento naturale. Con l’esecuzione bimane, no. Bastano tecnica, impegno e condizione fisica per arrivare bene sulla palla. Poi fare il punto è più facile. Il rovescio ‘storico’ diventa allora una piccola variazione sul tema, utile forse per le smorzate e i recuperi disperati, con buona pace di Artur Ashe e Adriano Panatta, oggi ‘conviene’ meno.