Cartarescu: “Per tutta l’umanità è molto importante che l’Ucraina resista”

AGI – “Per tutta l’umanità è molto importante che l’Ucraina resista. C’è stata l’occasione di un uomo provvidenziale, che è il presidente Zelensky, e spero che quest’anno riceva il Premio Nobel per la pace”. A parlare del conflitto nel cuore dell’Europa è il maggior scrittore rumeno, Mircea Cartarescu, 67 anni, tra i papabili al Nobel della letteratura che sarà assegnato giovedì dall’Accademia svedese.

In una lunga intervista al quotidiano argentino ‘Clarin’, Cartarescu, racconta del suo legame con la scrittura e con l’America latina e dà una sua personale lettura della storia contemporanea del suo Paese e dell’Europa di oggi. Per uno dei più raffinati scrittori dell’Est Europa, ciò che sta accadendo in Ucraina in questo momento ci mostra che “per millenni nulla è cambiato negli esseri umani. Insieme al genio, alla ragione e alla bontà abbiamo anche il lato selvaggio, criminale e oppressivo. Tutto questo lato negativo si trova oggi in Ucraina senza alcuna colpa e senza alcun atto di provocazione o aggressione da parte sua”.

Cartarescu si fa portatore di una sentimento di gratitudine all’Ucraina, convinto che “se non avesse resistito a questa guerra, probabilmente la Romania sarebbe stata occupata come gli altri Paesi dell’Est“. Una guerra molto reale e presente nel quotidiano della Romania per la vicinanza geografica e il confine comune, che fa riaffiorare nel poeta rumeno il ricordo della dittatura in patria, il caos e la successiva rivoluzione violenta tra gli anni 80′ e 90′.

“La dittatura che abbiamo vissuto per 42 anni dopo la Seconda Guerra era chiamata dittatura comunista, ma in realta’ era puro fascismo, nazionalismo, miti di sangue e terra”, ha dichiarato al Clarin il popolare scrittore rumeno, nato a Bucarest nel 1956, sposato con la poetessa rumena anche lei, Ioana Nicolaie. Non solo fame e freddo dell’inverno rumeno, i suoi connazionali hanno anche dovuto fare i conti con “la paura” e “tanta violenza” di una rivoluzione durata 10 anni. 

“C’era un capitalismo selvaggio, un’inflazione enorme, un colpo di stato legislativo, che ha permesso a persone senza scrupoli di accumulare fortune. Solo dopo l’ingresso nell’Unione Europea abbiamo iniziato a essere una vera democrazia e questo dal 2008 in poi”, ha analizzato Cartarescu. Anche per questo motivo considera l’Europa la sua “seconda patria” e si autodefinisce uno “scrittore europeo” poiché “amo l’Europa, parte della mia costruzione, della mia formula interiore. Un ottimo posto per la cultura e per la vita libera delle persone“, precisando tuttavia che “salvo ragioni politiche, non lascerò Bucarest”.

Il rapporto con l’America e con la scrittura

Cartarescu intrattiene un legame particolare anche con l’America Latina, dove dice “di sentirsi a casa, anche nella cultura di questa regione”, avendo letto nella sua giovane eta’ diversi autori latinoamericani, “imparando molto da loro, con entusiasmo, stupore e piacere”. La sua vena fantastica gli arriva proprio da quelle letture che, secondo lui, avvicinano America Latina e Romania, protagoniste di esperienze storiche in parte simili. Proprio in Messico, Colombia, Cile, Argentina, lo scrittore rumeno ha incontrato “i lettori piu’ appassionati del mio lavoro”.

L’essenza di vita di Cartarescu è la scrittura e la letteratura: tiene un diario da quando ha 17 anni – sono stati pubblicati cinque suoi volumi – e ha una fiducia enorme nella letteratura, dalla quale dice di avere imparato tutto quello che sa oggi. In altre parole, “la forza trainante di tutto ciò che scrivo è il piacere di scrivere. È ciò che amo di più ed è la mia ragione di esistere”.

Un rito quotidiano, parte integrante del suo Dna, consiste nello scrivere a mano una o due pagine al giorno, sempre al mattino, ma “non controllo la scrittura” che non considera un lavoro, ma “un’arte, una religione personale, un atto di fede”. Per Cartarescu “scrivere letteratura è naturale, come saper respirare e camminare, ma non devo pensare al come”, ha ancora riferito al quotidiano argentino. Un rituale che lo porta a sedersi alla sua scrivania, ad ascoltare la sua voce interiore “che sa meglio di me cosa devo scrivere”.

È allora che accade la magia, quando come spiega lo stesso autore, le sue mani diventano “lo strumento di una voce che lo abita e che è la vera proprietaria delle parole“, come quelle contenute in “Il Levante”, pubblicato nel 1985 in Romania, e nelle sue altre opere più acclamate, la trilogia di 1.500 pagine “Abbacinante” (“Orbitor”) e la raccolta di racconti “Nostalgia”.

Un diario infinito

“Sono uno scrittore di memoria, di vita interiore, voglio semplicemente esprimere i miei sentimenti, quello che penso delle cose, creare parole che siano più simili a me che al mondo che mi circonda”, ha confidato lo scrittore rumeno, tra i favoriti al Nobel della letteratura. Il diario, che tiene da 50 anni ormai, è sostanza della “mia mente, dei miei sogni, allucinazioni, ricordi, è la mia autobiografia”, da cui continua a trarre spunti per i suoi racconti, romanzi e per la sua poesia, poiché “tutta la letteratura è metafora del mondo”.

Cartarescu è un poeta, anche se ha lasciato questa forma di scrittura diversi decenni fa, come ogni giovane della sua generazione, nato sotto un regime comunista soffocante, dove la polizia segreta era onnipresente e la gente non poteva lamentarsi della fame, della povertà e della mancanza di libertà. Per lui poesia e libertà sono la stessa cosa, mentre nei suoi scritti in prosa si incontrano metafore inquietanti, un universo fantastico e allegorico oltre a una realtà che sembra estranea, una finzione, non esente da scetticismo e da una marcata vena umoristica.

Col passare degli anni, il Cartarescu oggi 67enne, si dice “più ottimista”, intento a godersi sempre di più di ciò che riceve, motivo per cui “mi sento molto grato sia come scrittore che nella mia vita personale”. In merito al suo rapporto col folto pubblico di lettori, Cartarescu confida di apprezzare molto i suoi ‘aficionados’ oltre al fatto che persone di altre culture possano essere raggiunte dalle sue opere. Tuttavia per lui “la cosa più importante è esistere ai miei occhi”, pertanto continuerebbe lo stesso a scrivere anche se “tutti i lettori del mondo sparissero, avendo sempre scritto per me stesso e per le persone come me