Diktat di Pechino agli Usa: ridateci i panda

AGI – Anche gli ultimi esemplari di panda dovranno presto fare i bagagli, lasciare gli Stati Uniti e tornare in Cina. Dopo aver incuriosito e allietato per oltre cinquant’anni i visitatori dello zoo nazionale di Washington DC, uno dei più grandi e antichi giardini zoologici d’America, dovranno lasciare le loro gabbie per ordine di Pechino. A darne notizia è il Washington Post dando per “imminente” la partenza dei simpatici mammiferi che, negli anni, erano diventati una delle attrazioni imperdibili dello zoo, una tappa quasi ‘obbligata’ per turisti e famiglie americane.

Il fatto in sé potrebbe quasi far pensare a una decisione ‘d’ordinaria amministrazione’. Ma non è questo il caso, visto che proprio il panda gigante – nella cultura confuciana simbolo di pace e di amicizia tra i popoli – ancor prima della nascita della Repubblica Popolare Cinese (1949) veniva utilizzato per scopi diplomatici. Pratica che Pechino volle ulteriormente intensificare a partire dagli anni’50, cioè in piena guerra fredda, dando vita a quella che da più parti divenne la ben nota “diplomazia del panda”.

“I panda sono rimasti dai tempi di Nixon una solida pietra miliare delle relazioni tra Stati Uniti e Cina”, scrive il Washington Post rammentando il noto episodio della cena inaugurale che si tenne all’arrivo del Presidente Nixon in Cina, nel 1972, in occasione del suo primo viaggio ufficiale nel paese asiatico. In quel contesto nacque infatti la cosiddetta “diplomazia del panda”, ovvero la pratica del governo cinese di prestare i panda a Paesi stranieri in segno di amicizia e di buona volontà. Un regalo speciale (arrivato dopo gli apprezzamenti a tavola della signora Nixon agli animali ‘coccolosi’) che allora segnò un momento altrettanto speciale dei rapporti bilaterali, ovvero la svolta positiva delle relazioni sino americane e la ripresa degli scambi culturali.

Tra il 1957 e il 1983, ben ventiquattro panda cinesi sono stati regalati a 9 nazioni, in segno d’amicizia. Ovviamente molti esemplari sono andati in dono agli alleati storici di Pechino, tra questi la Russia e la Corea del Nord, e in ogni caso hanno sempre rappresentato un potente strumento strategico, utilizzato metodicamente per rafforzare le alleanze e corteggiare nuovi potenziali partner. 

Uno studio del 2013 dell’Università di Oxford ha rivelato che la tempistica degli accordi dei panda cinesi con Canada, Francia e Australia coincideva con gli accordi e i contratti sull’uranio stipulati con quei Paesi. Allo stesso modo, gli scambi di panda con paesi vicini come Singapore, Malesia e Thailandia sono stati correlati alla firma di accordi e contratti di libero scambio. Uno studio del 2021, citato dal Wp, ha concluso che “il numero di panda concessi corrispondeva fortemente al volume di scambi commerciali del Paese ‘ricevente’ con la Cina”. Tra i destinatari dei simpatici panda cinesi ci sono Paesi come Finlandia, Olanda  Danimarca.  I panda, riferisce il giornale, “sono arrivati in Qatar prima dei mondiali di calcio, l’anno scorso”. Guarda, guarda,  le aziende cinesi si aggiudicarono importanti contratti di costruzione e sponsorship.

Oltreoceano, l’imminente partenza dei panda da Washington – dopo la partenza degli esemplari dello zoo di Houston, ha quindi un sapore minaccioso. Il riflesso – sostengono in molti – “che le relazioni tra Cina e Stati Uniti sono entrate in un’era più conflittuale che nemmeno l’orso più adorabile può superare”. Evidentemente le tensioni militari ed economiche degli ultimi tempi (le guerre commerciali, le minacce su Taiwan, le attività di spionaggio) hanno spinto Pechino a “mandare un messaggio senza mandare un messaggio”. 

Nei fatti l’azione di richiamare a casa animali prestati, ai sensi di contratti scaduti e non rinnovati, non indica nulla di esplicito,  ma nella realtà i panda sono “animali politici” per definizione e il mancato rinnovo del prestito indica un raffreddamento tra Washington e Pechino senza precedenti.  nel giro di pochi giorni, gli ultimi tre panda dello zoo nazionale entreranno in casse di trasporto e saliranno su un Boeing 777 della FedEx diretto a Chengdu, in Cina. Già i panda di San Diego e Memphis hanno compiuto viaggi simili negli ultimi quattro anni. Gli unici panda rimasti negli Stati Uniti saranno i quattro di Atlanta, la cui partenza per la Cina è prevista per l’anno prossimo.

Entro il 15 novembre, prima del previsto, i tre panda dello zoo di Washington – Mei Xiang, Tian Tian e il loro cucciolo di 3 anni, Xiao Qi Ji – torneranno in Cina. Erano la principale attrazione dello zoo, ma anche la mascotte non ufficiale della Capitale. Stando al WP i funzionari di Foggy Botton hanno evitato di commentare apertamente il fallimento della diplomazia dei panda. Ma la questione dei panda in partenza, inizialmente presentata come notizia  quasi marginale sta facendo sempre più riflettere. E non solo la diplomazia statunitense.