La siccità continua a uccidere elefanti nello Zimbabwe

AGI – Moria di elefanti nello Zimbabwe dove una storica siccità ha già ucciso più di 160 pachidermi e minaccia di morte altri esemplari e altre specie che rischiano di essere vittime del bracconaggio. Lo riferisce il quotidiano britannico Guardian, sottolineando che il pesante bilancio è stato diffuso dalla Zimbabwe Parks & Wildlife Management Authority (Zimparks).

Il dato preoccupante copre un periodo di cinque mesi – tra agosto e dicembre scorso – e riguarda il parco nazionale di Hwange, dalla superficie di oltre 14.600 chilometri quadrati, che ospita elefanti, bufali, leoni, ghepardi, giraffe e altre specie in via di estinzione. Nel 2023 non ci sono state precipitazioni tra febbraio e novembre nel parco Hwange, dove di recente almeno altri sei elefanti sono stati scoperti morti a Gwayi, poco fuori dall’area protetta, in sospetti episodi di bracconaggio.

Alla fine dello scorso anno, la maggior parte dello Zimbabwe aveva ricevuto meno del 50% delle precipitazioni stagionali accumulate rispetto alla media a lungo termine. “Abbiamo svolto dei test e i risultati preliminari mostrano che stavano morendo di fame. La maggior parte degli animali morivano tra i 50 e i 100 metri dalle fonti d’acqua”, ha riferito Tinashe Farawo, portavoce di Zimparks.

Una sorte toccata sia ad elefanti vecchi e malati che a quelli più giovani. “C’era scarsa nutrizione, temperature molto elevate e carenza di acqua; ciò ha contribuito a creare uno stress enorme e potrebbe accadere di nuovo nel 2024”, ha avvertito Trevor Lane, cofondatore e capo del gruppo di conservazione Bhejane Trust all’interno di Hwange.

Durante un conteggio effettuato a settembre, più di 1.800 elefanti stavano cercando di bere da un’unica fonte d’acqua. Nella loro disperazione, gli animali tentano di bere dal fango e quelli più piccoli rimangono bloccati, causando altre vittime. I gruppi ambientalisti di Hwange si stanno ora affrettando a scavare più pozzi nel tentativo di far spostare gli elefanti in aree dove il cibo è più facilmente disponibile.

Stanno inoltre installando sistemi a energia solare sui pozzi esistenti per estendere le ore di pompaggio e soddisfare la pressione prevista nella stagione calda, a partire da agosto. Gli esperti di fauna selvatica temono che la crisi climatica possa far sembrare normali tali eventi. Il clima caldo e secco unito a episodi di siccità prolungati si sta intensificando in tutta l’Africa meridionale, pertanto causerà altre vittime, non solo tra gli elefanti.

La National Oceanic and Atmospheric Administration prevede un forte fenomeno meteorologico El Nino tra ottobre e marzo, con conseguente clima caldo e secco e scarse precipitazioni.

L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha affermato nel suo aggiornamento di novembre che ciò potrebbe comportare “un inizio ritardato delle piogge e periodi di siccità prolungati” e potrebbe portare a condizioni di siccità nello Zimbabwe. La siccità ha già causato morie di massa di elefanti nello Zimbabwe: nel 2019, più di 200 sono morti in due mesi a causa della mancanza d’acqua.

Il pericolo dei bracconieri

Alla piaga del riscaldamento globale si aggiunge quella del bracconaggio per le zanne di avorio, in un contesto di crescente commercio illegale di animali selvatici e di crimini contro la fauna selvatica.

Una pratica dettata anche dalla crescente insicurezza alimentare della popolazione, soprattutto durante il periodo di magra, tra due raccolti. Tra novembre e dicembre scorso le autorità competenti hanno registrato un’impennata del bracconaggio di carne selvatica nello Zimbabwe e in generale nella zona delle Cascate Vittoria.