Sportivo e playboy. La lotta senza fine dell’ex premier del Pakistan

AGI – Carisma e popolarità sono due caratteristiche che hanno sempre contraddistinto Imran Khan. L’ex premier pakistano, forte del sostegno del proprio popolo, ha avuto l’ardire di sfidare il potentissimo esercito del proprio Paese e ora vede allungarsi sul proprio futuro politico l’ombra di due pesanti condanne. Dopo una prima sentenza a 10 anni di reclusione, inflitta per l’accusa di aver diffuso documenti riservati, Imran Khan è stato raggiunto da una seconda condanna, stavolta a 14 anni di carcere, comminata per aver ricevuto dei regali negli anni in cui era premier – 2018-2022 – e faceva della lotta alla corruzione uno dei suoi cavalli di battaglia.

 

La seconda condanna non ha risparmiato la moglie, la terza, Bushra Bibi. Per anni sua mentore ha poi sposato l’ex premier ne 2018, anno della vittoria elettorale. In attesa di capire se le due condanne saranno cumulate, l’ex leggenda del cricket (sport popolarissimo in Pakistan), che di anni attualmente ne ha 71, si trova in carcere da 6 mesi. La sua tenacia non lo porta tuttavia a demordere e la speranza di mantenere viva la presa sull’opinione pubblica, i giovani in particolare, in lui rimane viva così come l’intenzione di mantenere la guida del partito Tehreek-e-Insaaf (PTI), da lui stesso fondato nel 1996 e ora in balia degli eventi. Privato del proprio leader il PTI è stato colpito da arresti e condanne a pochi giorni dalle elezioni legislative e provinciali dell’8 febbraio, in vista delle quali è stato anche vietato di fare campagna elettorale, limitandone i messaggi ai social media. Una data che ci dirà quanto il Paese crede a Khan e quanti lo hanno scaricato.

 

 

La sua breve storia

Nato nel 1952 da una ricca famiglia pashtun appartenente a un grande clan musulmano di Lahore, i Niazi, Imran Khan ha sempre optato per una politica in equilibrio, sospesa tra un riformismo che aspirava ad aprire nuove porte al Paese e la difesa di posizioni legate a una visione dell’Islam conservatore. Negli anni dedicati al cricket Khan era divenuto una celebrità in Pakistan, conquistandosi un posto nella storia sportiva del Paese quando guidava la nazionale, da capitano, alla vittoria della Coppa del mondo del 1992. Unico successo nella storia di un Paese che ha nel cricket lo sport nazionale.

 

I successi sportivi sono andati di pari passo con la costruzione di una fama da playboy, consolidatasi negli anni, fino al matrimonio nel 1995 con Jemima Goldsmith, figlia del magnate franco-britannico, Jimmi Goldsmith. Una cerimonia di due minuti celebrati in urdu, lingua del Pakistan, a Parigi. Matrimonio che durerà fino al 2004 e da cui la coppia avrà due figli. Nel 2015 arriva il matrimonio con la giornalista britannica di origine pakistana Reham Khan che durerà meno di un anno e avrà una coda polemica. Nel proprio libro infatti, la giornalista racconta di una confessione raccolta dall’ex marito sull’esistenza di 4 figli illegittimi. Un’affermazione tuttavia mai confermata.

 

Tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 in Pakistan inizia a circolare la voce di un terzo matrimonio, questa volta con Bushra Bibi, sua consigliera e mentore, figura chiave nel partito e membro della importante confraternita Maneka. L’ex premier pakistano dichiarò di essere stato fortemente influenzato dalla donna, tramite cui aveva conosciuto e praticato per 30 anni rituali dell’Islam sufista, poco ortodosse e fortemente meditative e spirituali. La conferma del matrimonio arriva solo a febbraio 2018, la donna è infatti ancora nel suo ‘iddat’, la vedovanza da osservare nell’Islam che non permette di contrarre matrimonio nei 90 giorni successivi la morte del marito. Imran Khan non poteva aspettare, voleva sposarsi assolutamente il primo gennaio 2018, convinto che convolare a nozze con la sua mentore il primo giorno dell’anno lo avrebbe condotto alla vittoria delle elezioni. 

 

Vittoria arrivata poi grazie soprattutto alla promessa di costruire un “Nuovo Pakistan”, che fa presa sui giovani, ma anche uno “Stato basato sulla provvidenza islamica”, che attecchisce in molti religiosi. Al di là della retorica utilizzata per andare al potere, la figura di Imran Khan, la sua stessa elezione, avevano suscitato una grande speranza in tutto il Pakistan. Da primo ministro ha posto le basi del proprio del governo nella lotta alla corruzione e nella critica feroce ai partiti tradizionalmente al governo, accusati di aver monopolizzato per interessi personali il potere per decenni insieme all’esercito e di non aver fatto nulla per il Paese.

Al potere (e la caduta)

L’uomo “nuovo” al governo si scontra pero’ con la realtà di un Paese di 230 milioni di abitanti e grande piu’ di due volte la Germania alle prese con una situazione economica disastrosa: la rupia è in caduta libera, mentre l’inflazione va alle stelle e il debito pubblico è fuori controllo. A peggiorare la situazione il deterioramento della sicurezza, soprattutto al confine con l’Afghanistan, dove nel 2021 sono tornati al potere i talebani. Su Imran Khan pende una spada di Damocle il cui filo si spezza nell’aprile 2022, quando perde il sostegno del potente esercito e deve abbandonare l’incarico in seguito a una mozione di sfiducia del parlamento. La prima volta per un premier nella storia del Pakistan.

 

La perdita della poltrona di primo ministro scatena la reazione furiosa di un personaggio che ha creato la propria immagine sulla tenacia e sulla grinta, dote appresa dallo sport, ma che lo spinge a lanciare una sfida troppo grande. Imran Khan si schiera apertamente contro l’esercito e non mancano pesanti accuse di cospirazioni e complotti verso coloro che ne avevano sostenuto l’ascesa al potere 5 anni prima. Una tattica tutta all’attacco che non produce i risultati sperati, anzi. Infuriato dal voto di sfiducia Imran Khan, invece di attendere le nuove elezioni, rincara la dose e accusa l’esercito di aver tentato di ucciderlo. Una mossa definita da alcuni membri del suo clan, i Niazi, “l’errore più grande della sua vita”.

 

Il muro contro muro con l’esercito ha fatto poi moltiplicare i casi di procedimenti giudiziari a carico di membri del partito. Gli stessi militari non hanno risparmiato un duro intervento per reprimere le manifestazioni di protesta esplose dopo l’arresto dell’ex premier. A peggiorare la situazione del PTI la fuga di diversi quadri, che ora rimproverano al leader di aver compromesso il futuro dell’organizzazione “per ego e ostinazione”. “Giocherò la partita fino all’ultima palla”, ha promesso Imran Khan in un’intervista televisiva. L’ultima similitudine tra il proprio Paese e i tanto amati campi di cricket, una sfida lanciata nella consapevolezza che in Pakistan, cosi’ come nel cricket, fino a quando la partita è in corso il risultato può sempre essere ribaltato a proprio favore.