L’anno ‘nero’ per le montagne e i ghiacciai

AGI – Montagna e ghiacciai alpini sono sempre più sotto scacco della crisi climatica, in un anno, il 2023, segnato da record negativi per l’alta quota. A mettere in fila dati e numeri è Legambiente che, insieme al Comitato Glaciologico italiano, ha presentato in occasione della Giornata internazionale della montagna il quarto report finale “Carovana dei ghiacciai 2023” e, in anteprima l’omonimo documentario realizzato dal videomaker David Fricano.

In questo bilancio di fine anno, sono alcuni fenomeni in particolare a pesare su montagna e ghiacciai:

  • Il caldo torrido, che ha reso il 2023 l’anno più caldo di sempre;
  • Lo zero termico, mai così alto sulle Alpi, arrivato a quota 5398 metri;
  • l’aumento degli eventi meteorologici estremi in tutte le regioni dell’arco alpino (Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia). Fra questi ultimi, ben 144 sono quelli registrati dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente nei primi dieci mesi del 2023 (contro gli 8 del 2010 e i 97 del 2022). Un bilancio che, dal 2010 al 2022, sale a ben 632 eventi estremi (escluse le mareggiate) con 3 regioni – Lombardia, Piemonte e Veneto – tra le più colpite. Tra le province più in sofferenza: quella di Milano, Genova, Torino, Varese, Cuneo, e Trento.

Come cambia il volto delle montagne

Se da una parte la crisi climatica avanza in modo impulsivo – emerge dal report – l’altra faccia della medaglia è quella di una montagna che cambia lentamente volto e profilo diventando sempre più’ fragile. Infatti, nel 2023 continua sull’arco alpino il regresso dei ghiacciai, anche se con arretramenti frontali minori rispetto al 2022, grazie anche alle consistenti precipitazioni di neve di maggio.

I ghiacciai sotto osservazione in Italia

Tra gli ‘osservati speciali’, monitorati da Legambiente e CGI nella Carovana 2023, il ghiacciaio del Belvedere, il più grande del Piemonte, situato nel gruppo del Monte Rosa, dove il persistere del riscaldamento climatico incrementa l’instabilità geomorfologica, attraverso frane di detrito, crolli di ghiaccio e roccia e la formazione di laghi glaciali; i ghiacciai dell’Adamello – Adamello-Mandrone (il più grande in Italia), Lares e Lobbia – sulla cui superficie con sempre maggiore frequenza compaiono crepacci circolari, detti “calderoni” che portano a repentini crolli di ghiaccio.

Sull’Adamello, il ghiacciaio di Lares è quello che ha perso di più in superficie, passando dai 6 km2 nel 1960, ai 4,8 km2 nel 2003 e ai 2,8 km2 del 2023, dunque più del 50% in 60 anni.

I ghiacciai austriaci e svizzeri

Sotto osservazione anche i ghiacciai austriaci: tra questi l’Ochsentaler, dove negli ultimi anni è scomparsa una lingua glaciale pronunciata, con la fronte che appare sempre meno definita, in ritiro verso quote progressivamente più elevate e in posizioni sempre meno raggiungibili, anche dagli operatori preposti al monitoraggio.

Analoga situazione per i ghiacciai svizzeri, visitati per la prima volta, insieme a quelli austriaci, da Carovana dei Ghiacciai che quest’anno ha assunto una dimensione internazionale. Secondo gli ultimi dati resi disponibili da Glamos, nel 2022 i ghiacciai svizzeri hanno perso complessivamente 3,3 km3 di ghiaccio (un volume pari a 1.320.000 piscine olimpioniche), il 6% dell’intera riserva glaciale che risultava dai bilanci di massa dell’anno precedente.

I nuovi laghi

Tra gli altri punti chiave al centro del report, la formazione di un numero crescente di nuovi laghi glaciali, dovuta al progressivo ritiro dei ghiacciai e accompagnata da una significativa trasformazione geomorfologica (scomparsa, espansione/restringimento) di quelli esistenti.

Ad esempio, in Valle D’Aosta, tra il 2006 e il 2015 il numero totale dei laghi glaciali è quasi raddoppiato, con la comparsa di 170 nuovi laghi. Preoccupante anche il raddoppio nel 2023 degli eventi di instabilità ad alta quota: le colate detritiche sono il fenomeno più ricorrente con oltre il 60% dei casi (erano il 20% nel periodo 2000-2021), mentre le frane (rappresentate soprattutto da crolli) rappresentano il restante 40%. Tra le regioni maggiormente colpite c’e’ il Trentino-Alto Adige (quasi un terzo dei casi censiti).

Le possibili soluzioni

Di fronte a questo quadro complessivo, Legambiente Cipra e il Comitato Glaciologico Italiano indicano oggi al Governo Meloni tre linee prioritarie di intervento su cui, affermano, “è fondamentale accelerare il passo“:

  • Realizzare un maggiore coordinamento delle politiche di adattamento al clima a livello nazionale e territoriale
  • Dare sostegno alla piena attuazione della Carta di Budoia per l’azione dei Comuni nell’adattamento locale ai cambiamenti climatici.
  • Tessere un’alleanza europea per la governance comune dei ghiacciai e delle risorse connesse

Tema, quest’ultimo, al centro del Manifesto per una governance dei ghiacciai e delle risorse connesse che Legambiente e CGI hanno presentato a settembre a Salecina, in Svizzera, insieme a sette fondamentali azioni da cui partire per una governance condivisa dei ghiacciai.  A tal riguardo Legambiente, CIPRA e CGI, invitano tutti a firmare la petizione “Firma per i ghiacciai” che sino ad ora ha raccolto 5mila sottoscrizioni.

“Le Alpi e il Mediterraneo – dichiarano Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, e Vanda Bonardo, Responsabile nazionali Alpi Legambiente – sono aree particolarmente sensibili al riscaldamento climatico, qui più che altrove si registra un’accentuata accelerazione degli effetti della crisi climatica che avanza. Il concetto di rischio totale, per troppo tempo rimasto confinato tra le conoscenze degli esperti, deve diventare un riferimento quotidiano e consueto per coloro che ci governano”.

Per questo chiediamo al Governo Meloni un serio impegno da parte dell’Italia nella lotta alla crisi climatica con politiche climatiche piu’ ambiziose, politiche di adattamento e azioni concrete non più rimandabili incluso il sostegno per una piena attuazione della Carta di Budoia e la nascita di un’alleanza europea per i ghiacciai”

“La recente accelerazione degli effetti del riscaldamento climatico sull’ambiente glaciale – dichiara Valter Maggi, presidente del Comitato Glaciologico Italiano (Cgi) – è un fatto scientifico inconfutabile, anche grazie alle misure effettuate dagli operatori del Comitato su oltre 250 ghiacciai italiani. Una secolare e sistematica attività di monitoraggio che ha consentito al Cgi di costituire un patrimonio di dati e immagini indispensabili per interpretare gli scenari futuri della crisi climatica nella regione alpina”.

“Questo patrimonio di conoscenze scientifiche, – dichiara Marco Giardino, vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano – attraverso la Carovana dei Ghiacciai è stato condiviso con amministratori, tecnici, cittadini e turisti dei territori montani italiani, rivelandosi un insostituibile strumento non solo per affrontare adeguatamente le attuali criticità, ma anche per ripensare il presente dei territori alpini alla luce di chi verrà dopo di noi”.