Le Banche centrali si preparano alla sfida del taglio dei tassi

AGI – Nonostante le pressioni inflazionistiche si stiano attenuando rispetto ai recenti picchi, i mercati del lavoro stanno dimostrando una maggiore resilienza di quanto inizialmente previsto ai tassi di interesse elevati. Di conseguenza, durante le ultime riunioni del 2023, le principali banche centrali – la Fed, la Bce e la Boe – potrebbero mettere in discussione le aspettative degli investitori riguardo alle riduzioni dei tassi di interesse dell’inizio del prossimo anno.

Si comincia dalla domani dalla Fed. La banca centrale Usa a novembre ha mantenuto per la seconda volta consecutiva l’intervallo sul tasso dei fondi federali al massimo degli ultimi 22 anni, pari al 5,25%-5,5%, riflettendo la duplice attenzione dei politici nel riportare l’inflazione al target del 2% evitando al contempo un’eccessiva stretta monetaria. I politici hanno sottolineato che l’entità di qualsiasi ulteriore inasprimento della politica prenderebbe in considerazione l’impatto cumulativo dei precedenti aumenti dei tassi di interesse, i ritardi associati al modo in cui la politica monetaria influenza l’attività economica e l’inflazione, oltre agli sviluppi sia nell’economia che nei mercati finanziari. 

 Durante la consueta conferenza stampa seguita all’ultimo meeting, Jackson Powell ha affermato che il Fomc non ha ancora discusso alcun taglio dei tassi, mentre l’attenzione principale rimane sulla necessità o meno della banca centrale di implementare ulteriori rialzi.

Dopo la Fed, giovedì tocca alla Bce e alla Boe. Anche la banca centrale europea dovrebbe mantenere i tassi invariati, per cui i mercati si concentreranno sui tagli futuri. Gli operatori ora scommettono al 40% su un taglio di 25 punti base a marzo e al 72,6% su un taglio a maggio.

Molto probabimente la presidente Christine Lagarde provererà a ridimensionare le attese sui tagli prezzati dal mercato per il 2024, che per la Bce sono di 125 punti base (di 140 per la Fed). La banca centrale nell’ultima riunione ha mantenuto i tassi ai massimi pluriennali, segnando un cambiamento significativo rispetto alla serie di rialzi durata 15 mesi e riflettendo un atteggiamento più cauto di “aspetta e vedi” da parte dei politici, influenzato dalla graduale l’allentamento delle pressioni sui prezzi e i timori di una recessione imminente. Questa decisione fa seguito a una serie di dieci aumenti consecutivi dei tassi a partire da luglio 2022, che hanno elevato il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali al 4,5%, il massimo degli ultimi 22 anni, e il tasso sui depositi presso la banca centrale al record storico del 4%.

Sempre giovedì c’è attesa anche per la Boe, che a novembre ha mantenuto il suo tasso di interesse di riferimento al 5,25%, il massimo degli ultimi 15 anni, per la seconda volta consecutiva, mentre il board valuta i recenti segnali di rallentamento economico nel Regno Unito e allo stesso tempo è alle prese con la sfida continua di un’ostinata crisi economica a causa di un’inflazione ancora elevata.

Il Comitato di politica monetaria ha votato 6-3 a favore del mantenimento dei tassi invariati, con tre membri a favore di un aumento di 25 punti base. La banca centrale ha inoltre sottolineato che è probabile che la politica monetaria rimanga restrittiva per un periodo prolungato al fine di riportare l’inflazione verso l’obiettivo del 2%.